IHF FOCUS

International Helsinki Fédération for human rights

 
Estratto testuale del Rapporto annuale 2002 della Commissione di Helsinki per i diritti dell'uomo (Traduzione dall'inglese)

 

 
Italia
 

Libertà dei Media

 
Leggi sulla diffamazione
 
 

La legge italiana prevede ancora la diffamazione penale, con pene di carcere fino a tre anni che continuano ad essere applicate nel 2002, in particolare in due vecchi casi di cui uno rimonta agli anni 60.

 

Gli organismi internazionali, compresa la Commission per i diritti dell’uomo dell’ONU e il relatore speciale dell’ONU per la promozione e la protezione del diritto alla libertà d’opinione e d’espressione, hanno chiesto con insistenza che le pene di prigione siano soppresse per i reati a mezzo stampa.

 

D’altronde l’anno 2002 ha dimostrato che si può essere imprigionati su accuse di reati a mezzo stampa commessi decenni prima.

 

Stefano Surace, 69enne, giornalista, è stato detenuto dal dicembre 2001 all’agosto 2002. E’ stato arrestato al suo arrivo in Italia per alcuni articoli che aveva scritto negli anni 60.

 

Residente ora in Francia, Surace era tornato in Italia per visitare suo fratello malato, non sapendo che doveva farsi più di due anni e mezzo di prigione sulla base di tre condanne che gli erano state emesse in absentia nel 1963 e 1967 su accuse di diffamazione e pubblicazioni oscene.

 

Negli anni 60 Surace aveva lavorato come redattore e corrispondente per settimani anticonformisti considerati all’epoca “pornografici” (per esempio "Le Ore" e "ABC") ed era entrato più volte per brevi periodi in carceri per il suo lavoro.

 

E’ diventato assi noto per le sue inchieste sulle prigioni e sugli ospedali psichiatrici.

 

L’arresto di Surace nel 2001 ha suscitato proteste ed appelli da giornalisti e da ONG, scioperi della fame di attivisti radicali e interventi di politici.

 

Reporters sans frontières (RSF) ha denunciato quella pena di prigione come violazione delle norme internazionali e segno di indegnità per un paese democratico (12 agosto 2002).

 

Il 16 agosto un giudice di Milano, considerata l’età e la salute di Surace, ha disposto la sua detenzione domiciliare nella casa di sua figlia a Napoli.

 

Tuttavia, Surace ha deciso di cogliere l’occasione per tornarsene in Francia, a casa sua.

 

L’affare Surace ha fatto scintille accendendo anche l’indignazione internazionale.

 

« The Guardian » (Regno Unito) ha scritto « non c’è il più piccolo dubbio che l’affare Surace illustra la necessità di riformare un sistema sclerotico e arbitrario di giustizia" (14 agosto 2002) ; e « Le Monde » (Francia) ha definito « esperienza kafkiana » questo affaire ; Paolo Serventi Longhi, segretario della federazione italiana della stampa, ha denunciato questa procedura come « una vera persecuzione contro il giornalista e la sua famiglia ».

 

Ma, a dispetto delle proteste internazionali per l’affare Surace, un caso simile è seguito verso la fine dello stesso anno.

 

In novembre un tribunale di Napoli ha condannato Lino Jannuzzi, un giornalista 74enne, ex redattore e membro attuale del Senato italiano (per il partito « Forza Italia ») a 29 mesi e 10 giorni di prigione per tre condanne per reati a mezzo stampa.

 

Jannuzzi avava scritto in un editoriale che le frasi impiegate dal redattore di una altro giornale napoletano ricordavano la prosa di Mino Pecorelli, un giornalista assassinato da un killer sconosciuto nel 1974 per le sue « rivelazioni politiche ». Killer che era ritenuto appartenere alla Mafia.

 

La Corte ha condannato Jannuzzi per « diffamazione e comportamento minaccioso » sostenendo che comparare un persona a una vittima della Mafia era una forma di minaccia, poiché significava che anche lui poteva finire alla stessa maniera.

 

Un’altra condanna per diffamazione gli era stata emessa in relazione ad un articolo in cui Jannuzzi aveva criticato uno dei giudici che s’occupava del caso del presentatore di giochi televisivi assai noto Enzo Tortora, accusato falsamente di legami con la Mafia.

 

Il tribunale ha disposto che Jannuzzi sia immediatamente incarcerato malgrado la sua età avanzata e la sua immunità parlamentare.

 

Secondo l’articolo 68 della Costituzione italiana, un parlamentare può essere incarcerato, o comunque privato della libertà personale in esecuzione di una condanna irrevocabile, o se è preso nell’atto di commettere un reato per il quale sia previsto il mandato di cattura.

 

Il senatore Jannuzzi ha avuto conoscenza di quella decisione mentre era a Parigi per assistere a una riunione dell’Assemblea parlamentare dell’Unione Europea Occidentale.

 

Tuttavia il mandato di cattura veniva ben presto revocato, poiché Jannuzzi ha opposto l’immunità, di giurisdizione europea, di cui beneficiava come membro delle assemblee parlamentari del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea Occidentale.

 

I politici di ogni partito hanno dichiarato l’urgente necessità di una riforma del codice penale, che rimonta al 1930 et porta ancora il nome del ministro fascista della giustizia Alfredo Rocco, poiché certe sue disposizioni appaiono in conflitto con l’articolo 21 della Costituzione italiana sulla libertà d’espressione e di stampa.

 
 
Fonte :
http://www.google.fr/search?q=cache:loxoUG-DPisJ:www.ihf-hr.org/viewbinary/viewdocument.php%3Fdownload%3D1%26doc_id%3D1977+ihf+focus+Surace+Jannuzzi&hl=fr
 
e anche :
http://www.ihf-hr.org/viewbinary/viewdocument.php?download=1&doc_id=1977